Una volta la maestra Mariella, che insegnava a quei tempi nella terza elementare della scuola di San Moro, lo chiamò per proporgli di tenere una lezione sul mare, e Andy accettò con un sorriso educato e l’entusiasmo nel cuore: nel suo italiano ancora un po’ sommario, ma estremamente affascinante, che da solo diceva di storie esotiche e di avventure fantastiche, riuscì a calamitare l’attenzione senza riserve dei 15 alunni, che lo seguirono con inusuale trasporto, senza battere ciglio e quasi senza respirare, per più di due ore. Argo, elegantemente seduto sotto la lavagna, sembrava imbalsamato e forse si compiaceva del fascino che il suo padrone stava irraggiando a favore dei suoi microuditori.
Il successo di quella estemporanea lezione si diffuse e si ingrandì come un’onda anomala in prossimità della battigia: Andy fu chiamato per altri interventi nelle scuole elementari, ma anche nelle medie, e quello stesso anno tenne una bellissima conferenza sul mare e sull’ambiente marino al liceo classico. Alla fine i giovani maturandi applaudirono, convinti, per cinque minuti. Andy era felice. Non per il successo dei suoi interventi in quanto tale, ma per il fatto che la gente aveva imparato ad accettarlo, lo riconosceva, lo salutava: la fredda curiosità si era trasformata in calda partecipazione. Andy, il suo cane Argo e la barca Berenice incominciarono a essere considerati come parte integrante del panorama cittadino e, in particolare, Andy venne adottato come personalità residente, una sorta di testimonial di cui la piccola collettività andava fiera. In quei primi anni del dopoguerra i contatti con le culture diverse erano rarefatti quando non addirittura inesistenti: Andy aveva quindi assunto un ruolo ben preciso e importante. Molte mamme accompagnavano i bambini sul molo per stare un po’ con lui e il suo cane, come prima andavano al piccolo giardino attrezzato con le altalene davanti alla stazione. Una volta la mamma di una bimba di quarta gli portò un maglione di lana, fatto apposta per lui. Qualcuna gli portò la focaccia fatta in casa, qualcuna la torta verde: semplici e genuini oggetti di scambio per qualche minuto di svago, di sereno contatto con quella cultura che incuriosiva.
Intanto il tempo scivolava via, anche per Andy, Argo e Berenice. Dopo sei inverni passati al molo nord (tra cui uno molto duro, quello del 1952), Andy festeggiò i suoi ottant’anni. Sarebbe meglio dire che tutta la comunità lo festeggiò per i suoi ottant’anni perché in realtà fu organizzata una festa in grande stile. Tutto il porto fu illuminato con piccole lampade colorate, furono issate tutte le bandiere disponibili, le barche ormeggiate presentarono il Gran Pavese e il Comandante della Capitaneria di porto e il Parroco tennero due brevi discorsi. Bisogna dire che, nel dopoguerra, qualsiasi notizia, piccolo o grande evento o ricorrenza, era valido pretesto per festeggiare: esorcizzare le ombre del passato attraverso la festa e il divertimento collettivo sembrava essere, anzi era veramente, la strada migliore per crescere. Ma quella fu festa vera, la gente voleva veramente bene ad Andy e a quello che lui, la sua barca e il suo cane avevano voluto dire per la piccola città senza grandi risorse. E seppero dirlo ad Andy e Andy si commosse: si avvicinò al palco e tutti si resero conto che la modesta zoppia di un tempo era diventata più evidente e che la sua schiena diritta si era notevolmente curvata; Argo gli camminava al fianco, quasi presidiando quella gamba un po’ fessa che preoccupava entrambi. Argo conservava intatto il portamento, lo sguardo vigile e quella strana aria di soddisfazione che mostrava sempre quando la gente era gentile e premurosa con il suo padrone; però il suo pelo non era più lucido come un tempo e poi (lui lo sapeva benissimo) non era più lesto come tanti anni prima nell’afferrare le cime che i turisti gli lanciavano durante le rare manovre d’ormeggio al molo nord. Anche Berenice invecchiava, anche se, per lei, si trattava di un processo molto più lento, quasi impercettibile; da quell’estate del 1949, quell’estate delle regate delle vecchie barche, Berenice non aveva mai più navigato. Le cure attente e continue di Andy e degli amici del porto l’avevano conservata con un aspetto assai più che buono. Tuttavia, lontano dalla possibilità degli sguardi attenti dei tecnici, piccoli particolari ma vitali, stavano deteriorandosi irrimediabilmente in attesa di un intervento di manutenzione sempre meno probabile.
Andy e Argo salirono sul palco e dissero grazie a tutti: c’erano poco meno di mille persone che tentavano, in tutti i modi, di ripararsi dal primo vento veramente pungente della stagione. Andy parlò con quella sua cadenza così affascinante da convincerlo, anni prima, a non tentare nemmeno di migliorare il suo italiano. Argo, invece, parlò con gli occhi. Andy ringraziò i presenti, in quanto rappresentanti della cittadinanza unita, per il calore che gli avevano regalato negli ultimi suoi anni e per il senso che avevano dato alle loro vite. Poi si rivolse ai bambini e promise di portare per sempre nei suoi occhi l’immagine di quegli adolescenti che aveva gratificato a scuola con i suoi fantastici racconti, a patto che essi promettessero a lui di crescere lavorando per un mondo migliore di quello che lui stesso aveva conosciuto. Qualcuno, nel buio, applaudì.
Poi parlò il Sindaco, che offrì ad Andy la cittadinanza onoraria e ricordò, per sommi capi, i suoi meriti e le sue doti di involontario pedagogo. In chiusura, il Sindaco diede a tutti appuntamento per l’indomani, alla sala del Circolo Velico, dove il Comune aveva installato il primo apparecchio televisivo della piccola cittadina: l’Azienda di Radiotrasmissioni Italiana avrebbe inaugurato un nuovissimo spettacolo a quiz. Disse poi il Sindaco che il nuovo apparecchio televisivo avrebbe dato vita a un rapido processo di rinnovamento per le comunicazioni e per la diffusione della cultura su larga scala.
Era il 18 novembre del 1955. Andy e Argo tornarono al molo nord accompagnati dagli amici più intimi: avevano entrambi bisogno di aiuto per attraversare la passerella che li portava a bordo. Spesso gli amici dicevano ad Andy di lasciare Berenice per andare a vivere in qualche luogo più confortevole che diverse persone avevano piacere di mettere loro a disposizione. Ma Andy preferiva vivere a bordo, e sapeva che anche Argo la pensava così.
La sera successiva il Circolo Velico straripava di gente curiosa in attesa di vedere quel giovane italo-americano che presentava il nuovo programma chiamato lascia o raddoppia: c’era così tanta gente che, all’ultimo, la direzione aveva deciso di portare alcuni altoparlanti all’esterno per soddisfare, almeno con l’audio, le centinaia di persone rimaste fuori dalla sala. Alle ventuno in punto, Mike Bongiorno fece il suo ingresso nello studio televisivo. Un applauso scoppiò nel Circolo Velico e in molti altri luoghi in Italia nei quali centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini testimoniavano la nascita ufficiale del nuovo mezzo di comunicazione di massa. Mike Bongiorno non sentì quell’applauso, e nemmeno Andy lo sentì. Nello stesso istante in cui il presentatore entrò nello studio, Andy disteso sulla cuccetta di guardia, con la mano posata sul capo del suo fedele amico, senza un solo lamento e senza altra sofferenza se non quella dovuta al distacco improvviso dalle cose che aveva imparato ad amare, morì, rendendo la sua anima ricca e bella. Argo, che aveva capito da molte ore quello che stava succedendo, si era accucciato vicino al suo padrone e rimase in quella posizione per tutta la notte e per tutti i cinque giorni che seguirono.
L’euforia per la televisione fece molte vittime tra la gente della comunità e pochi si accorsero che Andy non faceva, da giorni, la sua solita passeggiata fino all’ufficio postale; ci andava ogni mattina, attorno alle dieci. I primi tempi chiedeva a qualcuno degli impiegati se ci fosse qualche lettera per lui, poi, considerando che la risposta era sempre la stessa, smise di chiedere, pensando che, fosse mai arrivata una lettera, sarebbero stati gli impiegati stessi a dirglielo. Non arrivò alcuna lettera per Andy e gli impiegati dell’ufficio postale si convinsero, chi prima chi dopo, che oramai era l’abitudine a portare là Andy, o forse il piacere di fare quattro chiacchere.
La mattina del 25 novembre, la lettera arrivò e poiché Andy non raggiunse l’ufficio postale, il portalettere volle consegnarla di persona, certo di rendere un grande piacere al vecchio inglese. Fu così che trovarono Andy e Argo. Entrambi morti, entrambi con l’espressione serena di chi non é vissuto invano. A bordo di Berenice era tutto in ordine: non sembrava mancare nulla. Sul tavolo da carteggio un vecchio album di foto era aperto alla seconda pagina e, in mezzo a questa, il vuoto di una foto mancante. La foto mancante era stretta nella mano destra di Andy: l’immagine di un ragazzo dall’aria spavalda, nella divisa mimetica dei carristi di Sua Maestà impegnati in Africa. Sul retro stava scritto ”Mogadiscio, 14 ottobre 1943. Al mio amato padre. Rudy”
Il Capitano Di Vascello Franceschetti, Comandante della Capitaneria, salì per primo a bordo assieme al medico, e trovò la foto: fu facile, per il Comandante, notare che il ragazzo della foto e il mittente di quella lettera che Andy non avrebbe mai letto, pur avendola attesa per sei anni, erano la stessa persona: Rudy Bettely – Via per il vecchio mattatoio 224 – Mogadiscio (Somalia).
La lettera era partita due anni prima dall’Africa. Il Comandante ripose la foto nel suo album e lì posò la busta ancora chiusa. La grande barca avrebbe conservato il segreto.
Una tramontana gelida scompigliava le chiome dei pioppi infilandosi dispettosa tra i capelli e i vestiti di tutti quelli che erano saliti al piccolo cimitero spontaneamente, senza alcun bisogno di particolari richiami. I due becchini, dopo aver scavato e preparato la ghiaia, se ne stavano semicurvi per il freddo, pestando spesso la poca erba con la speranza di riattivare la circolazione delle estremità. Il Comune aveva disposto tutto: il cofano in legno chiaro era un dono delle maestre della scuola elementare, e i fiori, tantissimi, erano il ricordo di tutti. La millecento di Toni, il taxista della stazione, si fermò con un lamento davanti al cancello del piccolo camposanto, proprio mentre il Parroco iniziava la sua omelia. Toni scese in fretta e, aperta la portiera posteriore, aiutò l’uomo che scese con fatica e iniziò a camminare sostenuto da due robuste stampelle. Era ancora giovane, ma non aveva più l’aria spavalda di un tempo. Dopo di lui scese un bambino, avrà avuto sette anni. I due non si guardarono intorno, e si diressero senza esitare verso la piccola folla poco più avanti. Con tacita intesa, la gente si aprì, in un passaggio per i due stranieri: Mariella, la maestra della scuola elementare, si avvicinò al bambino, gli offrì un mazzolino di fiori e lo accarezzò sul capo. I suoi capelli e le sua sopracciglia erano rossi.
Venne da lontano e visse poco con noi,
ci regalò preziosa umanità.
Il sole e la gratitudine
siano per sempre la nostra ricompensa.
I due stranieri rimasero sulla collina a osservare quella croce e quel tumulo di terra per parecchi minuti; si tenevano per mano e attraverso questo contatto, certamente si parlavano. Il bimbo posò i fiori vicino alla lapide, continuando a guardare il padre con l’intenzione, forse, di misurare il suo dolore. Poi l’uomo pianse in silenzio, mentre il bambino gli si stringeva al fianco, facendo attenzione all’equilibrio di quel suo padre con una gamba sola.
La piccola folla intanto si era dispersa: le maestre erano tornate al caldo delle loro scuole, le mamme a casa, dai più piccoli, gli uomini alle loro occupazioni, al porto.
Fu Franco, che la notò, passando davanti al posto numero 26, al molo nord. Certamente quando i becchini erano saliti a bordo per portare via Andy e Argo qualcuno aveva toccato gli ormeggi: non si spiegava altrimenti ciò che Franco vedeva in quel momento. Berenice, sciolti gli ormeggi di poppa e fatto perno sull’ancora, si era mossa verso il centro del bacino portuale, nel punto più profondo, spinta anche dalla tramontana. E lì era affondata.
Ora la bella barca in mogano era posata sul fondo, inclinata di oltre 30 gradi: di Berenice si vedeva solo l’albero, la seconda crocetta e la grande bandiera della marineria italiana che Andy, nel rispetto della tradizione, aveva issato sul lato di cortesia.
Quella sera, alle ore 21, si radunò la solita folla al Circolo Velico: nessuno notò Berenice e la sua agonia sul fondo fangoso del porto. Tutti però applaudirono Mike Bongiorno e la sua seconda puntata di Lascio o Raddoppia.